Entra nel vivo la cinquantacinquesima edizione del festival, oggi verso le 11 scoperta l’immagine tutte le Info  in questo articolo

Entra nel vivo la cinquantacinquesima edizione del festival, oggi verso le 11 scoperta l’immagine tutte le Info in questo articolo

Di Paolo De Leo

Diventare umani è una scelta profonda e consapevole. Serve volontà, consapevolezza e responsabilità. È un percorso di crescita personale dove impariamo a coltivare valori come empatia, ascolto, pazienza e comprensione. Questa sfida ci invita a riscoprire noi stessi e la nostra capacità di creare cambiamenti positivi nella società. Questo è il tema scelto da Giffoni per la 55esima edizione del festival, che si terrà dal 17 al 26 luglio e sarà dedicata ai più di 5.000 juror provenienti da oltre 30 Paesi.

L’immagine ufficiale del 2025 – Becoming Human, diventare umani, ideata dal direttore creativo di Giffoni, Luca Apolito – rappresenta una soglia visiva di grande impatto. È il ritratto di un volto giovane e antico al tempo stesso, diviso in due metà. Da un lato, un’identità chiara e definita: un occhio limpido, un germoglio rigoglioso che spunta dalla spalla, un sole caldo, un fiore delicato; tutti simboli di vita, energia, calore e possibilità. Dall’altro lato si apre la vertigine di un cammino tortuoso e complesso. Un labirinto si snoda come il flusso del pensiero quando cerca risposte, si perde, si interroga e si confronta con se stesso. Lo schema del labirinto rende il volto incompleto per evocare la profondità e la complessità dell’identità individuale, ma anche per ricordare che ogni percorso personale – con le sue esigenze, i suoi ritmi e le sue scelte fondamentali – si intreccia con una storia più ampia, collettiva, fatta di legami profondi, memoria condivisa e responsabilità comuni. Diventare umani non è solo un processo intimo e personale, ma un atto di appartenenza e connessione con gli altri.

Il labirinto è il simbolo di un’identità che non è mai definitiva, ma che si costruisce e si plasma nel tempo. Un’identità che si realizza attraverso il continuo rapporto con l’altro. È un simbolo antico, presente in miti e culture di ogni epoca e luogo. Non è un semplice enigma da risolvere, ma un vero e proprio rito di passaggio. Nella mitologia greca, Teseo si addentra nel labirinto per affrontare il Minotauro, ma il vero avversario è spesso interiore: paura, dubbio, incertezza e disorientamento. In molte tradizioni, il labirinto non conduce a una meta definitiva, ma accompagna chi lo attraversa verso una profonda trasformazione personale e spirituale.

Qui, nell’immagine di #Giffoni55, si racchiude il segno di un viaggio unico e indispensabile che ogni essere umano deve compiere per diventare davvero se stesso. Questo percorso è diverso per ciascuno, e nessuno può evitarlo o saltarlo. Non esiste un solo cammino tracciato né un punto d’arrivo fisso e immutabile. Al centro del viaggio non c’è una risposta certa, ma un punto interrogativo aperto. Ogni conquista personale si trasforma in una nuova domanda, ogni esperienza vissuta apre nuovi sentieri da esplorare.

Tra gli elementi che compongono l’immagine, ce n’è uno che parla con intensità proprio per la sua assenza: la relazione. Nessun volto, per quanto definito, esiste da solo. Anche il labirinto più solitario è abitato da presenze invisibili: i passi di chi lo ha tracciato prima, l’ombra di chi lo percorre accanto a noi, la prospettiva di chi lo attraverserà in futuro. I legami invisibili che uniscono una vita all’altra, una storia all’altra, sono l’essenza del nostro mondo e della nostra umanità. Non diventiamo umani da soli, diventiamo umani solo insieme. Nell’ascolto reciproco, nella cura condivisa, persino nel conflitto, ma sempre nel dialogo, nella parola e nella domanda rivolta a un altro essere umano.

La luna e la stella sul lato del labirinto rappresentano simboli della notte e dell’ignoto, dell’oscurità e del mistero. Sul lato opposto, il sole e un fiore sbocciato simboleggiano luce, chiarezza, fertilità e apertura. Il volto stesso ospita simboli che narrano il nostro viaggio esistenziale: la clessidra, che ci ricorda come il tempo non sia solo attesa passiva ma una costruzione attiva e continua; il libro, custode prezioso della memoria, del pensiero e delle storie che ci hanno formato come individui e comunità. Due uccelli sono presenti, uno naturale e uno tecnologico, a rappresentare due aspetti dell’umanità: quella che sogna e quella che inventa. Due creature in costante tensione che cercano un possibile equilibrio.

Diventare umani significa accettare di essere sempre impegnati in una ricerca continua e in divenire. Ogni generazione deve interrogarsi sul significato profondo di essere umani, scegliere l’empatia al posto della chiusura, coltivare l’immaginazione invece dell’automatismo. Spesso viviamo come estranei a noi stessi e agli altri, iperconnessi digitalmente ma profondamente disconnessi nelle emozioni, nei corpi e negli sguardi. Diventare umani significa riconoscere questa distanza interiore e sociale e impegnarsi ogni giorno a colmarla con attenzione e cura.

In un’epoca che premia la risposta rapida e superficiale, che favorisce identità semplificate e ridotte a opinioni compresse in un like, l’immagine Becoming Human invita ad accogliere la complessità e la profondità. È una scelta di avanzare per tentativi, di considerare l’errore parte integrante del cammino, di vivere l’incertezza come una condizione creativa e stimolante.

Diventare umani non significa completare un percorso una volta per tutte, ma abbracciare la consapevolezza di essere sempre in cammino, in continuo movimento. È un atto di resistenza e una dolce rivolta contro l’omologazione e la standardizzazione. È il rifiuto di ridurre l’umano a un comportamento prevedibile o a uno stato fisso, immutabile e definitivo.

Nell’immagine Becoming Human si cela questo invito silenzioso ma potente. Quel volto non rappresenta chi siamo oggi, ma chi potremmo diventare domani. È il volto di una generazione che non cerca verità semplici né risposte scontate, ma opportunità di ricerca, crescita e trasformazione.

È il nuovo festival che, da 55 anni, invita e stimola i giovani a riflettere, creare e condividere esperienze e idee significative.

L’autore partecipa a questa manifestazione da 15 anni e nutre per questo festival un affetto profondo, quasi come fosse parte del suo stesso sangue.

Questo evento entra nell’anima dei partecipanti, ma la sua forza più grande è la capacità di unire italiani e stranieri, creando uno spazio condiviso dove scambiare casa, abitudini e culture.

Dobbiamo costantemente diventare umani, interrogandoci e migliorando senza sosta la nostra posizione nel mondo.

L’unica immagine riconoscibile è il volto di una donna disegnato in uno stile arcaico, quasi precristiano. Da un lato, il volto è completamente visibile, a simboleggiare ciò che conosciamo: il corpo umano come lo percepiamo. Dall’altro lato, il volto si dissolve e si trasforma in un percorso tortuoso che conduce a un occhio con un punto interrogativo, simile a un labirinto. Questo rappresenta il punto d’incontro con le esperienze dell’altro.

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